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Post by eglio on Jun 5, 2015 22:44:48 GMT 1
Plutone è il mio pianeta preferito.
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Post by eglio on Jun 6, 2015 8:15:24 GMT 1
bella e brava brava e bella
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Post by frankytop on Jun 6, 2015 15:51:54 GMT 1
Plutone è il mio pianeta preferito. Bravo, ma Sedna è ancora più intrigante.
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Post by frankytop on Jun 6, 2015 15:53:06 GMT 1
bella e brava brava e bella Mi sovviene alla memoria la figlia di Fantozzi. Senza voler fare minimamente paragoni, s'intende.
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Post by frankytop on Jun 6, 2015 16:03:29 GMT 1
La web tv dell’agenzia americana seguirà in diretta le varie fasi del rientro dei tre membri della Expedition 43, previsto per l’11 giugno prossimo. Il primo evento trasmesso sarà il passaggio di consegne tra Terry Virts e Gennady Padalka, che avverrà mercoledì 10 giugno e lascerà il russo al comando dell’ISS. Il giorno successivo, alle 06.20 ora della costa orientale (le 12.20 in Italia), Virts, parbleu!foretti e Shkaplerov si staccheranno dalla stazione spaziale a bordo della loro Soyuz per iniziare la discesa verso la Terra, atterrando in Kazakhstan alle 09.43 locali, le 15.43 italiane. Di seguito, il dettaglio delle trasmissioni NASA TV con orario italiano: MERCOLEDì 10 GIUGNO: – 16.40: passaggio di consegne tra i comandanti Virts e Padalka GIOVEDI’ 11 GIUGNO: – 08.30: saluti e chiusura del portello (prevista alle 08.55) – 12.00: inizio copertura del distacco (undocking alle 12.20) – 14.30: inizio copertura manovra di deorbit ed atterraggio (deorbit burn alle 14.51 ed atterraggio alle 15.43) – 18.00: rilascio file video della chiusura portello, distacco ed attività di atterraggio VENERDI’ 12 GIUGNO: – 04.00: rilascio del video dell’atterraggio, delle attività post-atterraggio e delle interviste a Virts e Samantha parbleu!foretti www.astronautinews.it/2015/06/06/il-rientro-di-samantha-su-nasa-tv/parbleu!foretti. wordfilter di 'sto cappero spaziale.
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Post by eglio on Jun 6, 2015 16:23:44 GMT 1
nuoooooo ci mancherà
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Post by frankytop on Jun 6, 2015 18:51:38 GMT 1
Al netto di eventuali ustioni di ottavo glado da lientlo infausto nell'atmosfela.
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Post by frankytop on Jun 6, 2015 19:25:40 GMT 1
La nana rossa e il suo pianetaIl sistema è stato studiato in dettaglio da Valerio Nascimbeni, dell’INAF e dell’Università di Padova, insieme al suo team, in gran parte composto di colleghi italiani e dell’INAF, sfruttando le osservazioni del Large Binocular Telescope. Osservata anche l’occultazione da parte del pianeta di una macchia stellare sulla nana rossa e misurata per la prima volta in modo diretto la sua temperaturaRappresentazione artistica del sistema della stella GJ1214. In primo piano il suo pianeta, GJ1214b, avvolto da un fitto strato di nubi. Sullo sfondo, la stella nana rossa con una prominente macchia stellare, la cui occultazione da parte di GJ1214b è stata registrata grazie alle osservazioni del Large Binocular Telescope, di cui l’INAF è uno dei partner. Crediti: Marco Galliani – Media INAFLei è una stella nana rossa, nota per la sua intensa attività, lui un pianeta della classe della superterre, scoperto nel 2009. Insieme formano una coppia assai peculiare, denominata GJ1214 e GJ1214b, che è stata studiata in dettaglio da Valerio Nascimbeni, dell’INAF e dell’Università di Padova, insieme al suo team, in gran parte composto di colleghi italiani e dell’INAF, sfruttando le osservazioni del Large Binocular Telescope. Permettendo così di osservare l’occultazione da parte del pianeta di una macchia stellare sulla nana rossa e misurare per la prima volta in modo diretto la sua temperatura. Queste misure, abbinate anche alle accurate curve di luce registrate durante due transiti del pianeta davanti alla stella madre e registrate contemporaneamente in due differenti lunghezze d’onda dalle due Large Binocular Camera di LBT, hanno permesso di determinare con grande accuratezza il raggio del pianeta, pari a 2,7 volte quello della Terra. Le misure del raggio che hanno restituito valori identici dai dati di entrambe le camere LBC hanno permesso inoltre di dedurre che il pianeta è avvolto da nubi. Il telescopio LBT in Arizona. Crediti: INAF- R. CerisolaL’interesse per studiare il sistema di GJ1214 nasce dal fatto che il suo pianeta è solo sei volte e mezzo più massiccio del nostro. Non conosciamo molto delle proprietà di questa classe di corpi celesti poiché, nel nostro Sistema solare, non ne esistono di analoghi. Nella comunità scientifica si dibatte sulla loro natura, se cioè siano simili a dei “Nettuni” in miniatura, composti soprattutto di ghiaccio e rocce, o se abbiano atmosfere estese di idrogeno ed elio come le possiedono i giganti gassosi. «Fino ad oggi, gli astronomi erano profondamente incerti su quali fossero le proprietà di questo pianeta» dice Nascimbeni. «Alcuni ritenevano che la sua atmosfera fosse composta da molecole di acqua o metano, altri che a mascherarla ci fosse, al di sopra, uno spesso strato di nuvole. E proprio questo secondo scenario lo abbiamo confermato analizzando le osservazioni di due transiti realizzate da LBT nel 2012». Oltre a caratterizzare il pianeta, l’indagine ha anche permesso di rivelare alcune peculiarità della sua stella madre, una nana rossa piuttosto piccola (con un raggio pari a un quinto di quello del Sole e una massa di un sesto), fredda (appena 3000 kelvin in superficie, contro i circa 6000 della nostra stella) e vicina a noi, a solo 42 anni luce, in direzione della costellazione dell’Ofiuco. GJ1214 è una stella notoriamente attiva: presenta infatti estese regioni di macchie stellari e brillamenti. Caratteristiche osservate anche su molte altre nane rosse, che purtroppo interferiscono con le nostre capacità di studiare i pianeti che vi orbitano attorno. Un problema non trascurabile, poiché gli astronomi ritengono questa classe di astri tra le più promettenti per caratterizzare pianeti abitabili, sfruttando la tecnologia esistente o in via di sviluppo nei prossimi anni. «Sappiamo che l’attività delle nane rosse è diversa da quella delle stelle di tipo solare, e i campi magnetici che ne sono responsabili hanno un’origine ancora non del tutto chiarita» aggiunge Nascimbeni. «Il nostro lavoro con LBT è stato in questo senso molto importante, perché ci ha permesso di individuare chiaramente l’occultamento di una macchia stellare da parte del profilo del pianeta e poi, con ulteriori indagini ricavare con certezza, per la prima volta, il periodo di rotazione della stella ospite pari a 80 giorni. Grazie poi alle osservazioni uniche che può condurre LBT, sfruttando contemporaneamente le due camere LBC “Rossa” e “Blu” che osservano in due intervalli di lunghezze d’onda differenti, siamo riusciti a identificare la “firma” della macchia stellare e ricavare per la prima volta in modo diretto la temperatura della macchia attorno ad una nana rossa, il che permetterà di calibrare i modelli che descrivono l’evoluzione dei campi magnetici in questo tipo di oggetti». Allo studio sul sistema di GJ1214, accettato per la pubblicazione sulla rivista Astronomy&Astrophysics nell’articolo “Large Binocular Telescope view of the atmosphere of GJ1214b”, oltre Valerio Nascimbeni hanno partecipato i ricercatori INAF Gaetano Scandariato, Isabella Pagano, Sergio Messina e Giuseppe Leto (INAF-Osservatorio Astrofisico di Catania), Gianpaolo Piotto (INAF-Osservatorio Astronomico di Padova e Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Padova), Giuseppina Micela (INAF-Osservatorio Astronomico di Palermo), Susanna Bisogni (INAF-Osservatorio Astrofisico di Arcetri), Roberto Speziali (INAF-Osservatorio Astronomico di Roma), insieme a Matthias Mallonn e Klaus G. Strassmeier del Leibniz-Institut for Astrophysics di Potsdam, in Germania. La nana rossa e il suo pianeta « MEDIA INAF
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Post by frankytop on Jun 6, 2015 19:38:14 GMT 1
Le supernovae esiliateUno studio guidato da scienziati statunitensi ha permesso di confermare, attraverso immagini raccolte con l'Hubble Space Telescope, l'assenza di una galassia ospite per tre supernovae scoperte negli anni scorsi. Numerose le implicazioni sulla formazione ed evoluzione delle strutture a larga scala dell'Universo. Uno studio guidato da scienziati statunitensi ha permesso di confermare, attraverso immagini raccolte con l'Hubble Space Telescope, l'assenza di una galassia ospite per tre supernovae scoperte negli anni scorsi. Numerose le implicazioni sulla formazione ed evoluzione delle strutture a larga scala dell'UniversoGrazie alle immagini ottenute con il telescopio spaziale Hubble è stato possibile confermare che tre supernovae scoperte alcuni anni fa sono esplose nel buio dello spazio intergalattico, dopo essere state espulse dalle loro galassie ospiti milioni o miliardi di anni prima. La maggior parte delle supernovae si trovano all’interno di galassie che contengono centinaia di miliardi di stelle, delle quali si stima ne possano esplodere circa una al secolo. Queste supernove solitarie, tuttavia, sono state trovate tra una galassia e l’altra in tre grandi ammassi, contenenti diverse migliaia di galassie ciascuno. Le stelle più vicine si trovavano più o meno a 300 anni luce di distanza, quasi 100 volte più distanti di Proxima Centauri, la stella più vicina al nostro Sole, a poco più di 4 anni luce da noi. Queste supernovae solitarie sono rare e forniscono indizi importanti su ciò che possiamo trovare negli ampi spazi vuoti che separano le galassie. Grazie a oggetti celesti come questi gli astronomi possono capire come si sono formati e come sono evoluti gli ammassi di galassie. Tali mondi solitari hanno ricordato a Melissa Graham, ricercatrice post-dottorato presso l’Università della California a capo di questo studio, nonché accanita fan di fantascienza, della stella Thrial, che nel romanzo di Iain Banks dal titolo “Against a Dark Background” si trova a un milione di anni luce da qualsiasi altra stella. Uno dei suoi pianeti abitati, Golter, ha un cielo notturno quasi privo di stelle. Gran parte dei pianeti in orbita intorno a queste stelle isolate (tutte stelle vecchie e compatte esplose in cosiddette supernovae di tipo Ia) sarebbe stato senza dubbio distrutto dall’esplosione, ma anche loro, come Golter, avrebbero avuto un cielo notturno privo di stelle luminose, ha dichiarato Graham. La densità di stelle tra un ammasso di galassie e l’altro è pari a circa un milionesimo di ciò che vediamo dalla Terra. «Sarebbe stato uno sfondo piuttosto scuro in effetti», ha spiegato, «popolato solo da macchie deboli e sfocate delle galassie più vicine e più brillanti». Graham e i suoi colleghi, David Sand della Texas Tech University, Dennis Zaritsky della University of Arizona e Chris Pritchet della University of Victoria, hanno raccolto le loro analisi di queste tre stelle in un articolo presentato oggi, 5 giugno, durante una conferenza sulle supernove alla North Carolina State University di Raleigh. Il loro lavoro è stato accettato per la pubblicazione sulla rivista Astrophysical Journal. Animazione che sovrappone le immagini delle supernovae ottenute nel 2009 con il CFHT e nel 2013 con il telescopio spaziale Hubble. Crediti: Melissa Graham, CFHT e HST)Il nuovo studio conferma la scoperta, avvenuta tra il 2008 e il 2010, di tre supernovae apparentemente prive di galassie ospiti ottenuta durante la campagna osservativa Multi-Epoch Nearby Cluster Survey che è stata condotta utilizzando il Canada-France-Hawaii Telescope (CFHT) sul Mauna Kea alle Hawaii. Il CFHT non era stato in grado di escludere la presenza di una debole galassia che ospita queste supernovae. Ma la sensibilità e la risoluzione delle immagini dell’Advanced Camera for Surveys a bordo dell’Hubble Space Telescope sono 10 volte maggiori e mostrano chiaramente che le supernovae sono esplose in uno spazio vuoto, lontano da ogni galassia. Ne deduciamo quindi che appartenevano ad una popolazione di stelle solitarie, così come se ne vedono nella maggior parte degli ammassi di galassie, ha detto Graham. Mentre le stelle e le supernovae tipicamente si trovano all’interno di galassie, secondo recenti studi le galassie che appartengono ad ammassi particolarmente massicci sperimentano forze gravitazionali in grado di strappare via circa il 15% delle stelle. Questi ammassi contengono così tanta massa, però, che le stelle espulse restano legate gravitazionalmente nelle regioni scarsamente popolate tra una galassia e l’altra. Una volta rilasciate nello spazio, queste stelle solitarie sono troppo deboli per poterle osservare individualmente, a meno che non esplodono come supernovae. Graham e i suoi colleghi sono alla ricerca di supernovae nello spazio tra una galassia e l’altra all’interno di un ammasso, perché intendono usarle come traccianti della popolazione di stelle invisibili. Tali informazioni forniscono indizi circa la formazione e l’evoluzione delle strutture su larga scala nell’Universo. «Abbiamo fornito la migliore prova fino ad ora raccolta che le stelle isolate esplodono proprio come supernovae di tipo Ia», ha spiegato Graham, «e abbiamo confermato che le supernovae senza galassie ospiti possono essere utilizzate per tracciare la popolazione di stelle isolate all’interno dell’ammasso, informazione fondamentale per poter estendere questa tecnica agli ammassi più lontani». Una delle quattro supernovae (in alto nell’immagine del 2009) potrebbe far parte di una galassia nana o di ammasso globulare, visibile nell’immagine del dicembre 2013 ottenuta con l’Hubble Space Telescope (in basso). Crediti: Melissa Graham, CFHT e HSTGraham e colleghi hanno anche scoperto che c’è una quarta stella in esplosione scoperta da CFHT, e questa stella sembra trovarsi all’interno di una regione circolare rossa che potrebbe essere una piccola galassia o un ammasso globulare. Se la stella esplosa facesse in realtà parte di un ammasso globulare, sarebbe la prima conferma sperimentale di un’esplosione di supernova all’interno di questi piccoli e densi ammassi da meno di un milione di stelle. Tutte e quattro le supernovae sono state osservate in ammassi di galassie che distano circa un miliardo di anni luce dalla Terra. «Dal momento che negli ammassi globulari ci sono molte meno stelle, ci aspettiamo di osservare solo una piccola frazione del supernovae in questi sistemi stellari», ha dichiarato Graham. «Questo potrebbe essere il primo caso confermato, e potrebbe indicare che la frazione di stelle che esplodono come supernovae maggiore di quanto ci aspettiamo sia per galassie di piccola massa che negli ammassi globulari». Graham ha inoltre spiegato che la maggior parte dei modelli teorici per le supernovae di tipo Ia comporta la presenza di un sistema binario, perciò le stelle che esplodono dovrebbero aver avuto una compagna durante la loro vita. «Questa non è una storia d’amore, però», ha aggiunto. «La stella compagna poteva essere una nana bianca di piccola massa che si è avvicinata troppo ed è stata cannibalizzata dalla stella primaria, oppure una stella normale, da cui la nana bianca primaria ruba gli strati esterni di gas. Ad ogni modo, questo trasferimento di massa porterebbe la stella primaria a diventare massiccia e instabile, causandone quindi l’esplosione di supernova di tipo Ia». Le supernovae esiliate « MEDIA INAF
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Post by frankytop on Jun 9, 2015 16:26:39 GMT 1
La sentinella del Sole è prontaLa sonda Deep Space Climate Obeservatory (DSCOVR) dell’agenzia statunitense NOAA ha raggiunto correttamente la sua posizione operativa, a un milione e mezzo di chilometri dalla Terra, e si appresta a monitorare le proprietà del vento solare e l'arrivo di tempeste geomagneticheRappresentazione del satellite DSCOVR che controllerà in tempo reale il flusso di vento solare e che verrà lanciato a fine mese da Cape Canaveral. Crediti: NOAACi ha messo quasi quattro mesi per completare il suo viaggio di un milione e mezzo di chilometri nello spazio, ma ora la sonda Deep Space Climate Observatory (DSCOVR) dell’agenzia statunitense NOAA ha raggiunto la sua destinazione, ovvero il punto di Lagrange L1. Da lì, una volta completate le procedure di controllo e calibrazione degli strumenti di bordo, DSCOVR inizierà la sua attività di controllo e monitoraggio delle proprietà del vento solare, il flusso incessante di particelle e plasma che emette la nostra stella e che investe anche la Terra. La sonda sarà in grado di segnalare l’arrivo verso il nostro pianeta di fenomeni legati all’attività solare particolarmente intensi e che possono avere un impatto significativo sull’ambiente terrestre. I dati raccolti dalla missione, abbinati a un nuovo modello di previsione che sarà rilasciato il prossimo anno, permetteranno così agli scienziati di valutare l’intensità delle tempeste geomagnetiche sul nostro pianeta con un anticipo di qualche decina di minuti prima del loro sviluppo e con un livello di dettaglio che raggiungerà scale regionali. Questi fenomeni si innescano quando il plasma e i campi magnetici emessi dal Sole si scontrano con il campo magnetico terrestre. Gli eventi più intensi possono, nelle condizioni peggiori, determinare interruzioni nei sistemi di telecomunicazione e di posizionamento satellitare, fino ad arrivare a black out sulle linee elettriche di alta tensione nelle zone prossime ai poli e problemi ai satelliti e agli astronauti in orbita. «DSCOVR ci invierà avvisi in tempo reale non appena registrerà impulsi di energia in grado di provocare una tempesta geomagnetica con impatti potenzialmente dannosi per la Terra» ha detto Stephen Volz, Assistant Administrator del Satellite and Information Service del NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration). Nei prossimi anni DSCOVR sostituirà un altro veicolo spaziale dedicato a questi compiti, l’Advanced Composition Explorer (ACE) della NASA, giunto quasi al termine della sua vita operativa. Ma la sonda non terrà d’occhio solo la nostra stella. Due strumenti NASA che porta a bordo sono stati progettati per monitorare l’abbondanza dell’ozono e degli aerosol nell’atmosfera terrestre e le variazioni nel bilancio della radiazione del nostro pianeta, dato dalla differenza tra quella “entrante”, quasi interamente proveniente dal Sole, e quella “uscente”. Una informazione utile per capire con maggior precisione l’andamento del clima su scala globale. La sentinella del Sole è pronta « MEDIA INAFDSCOVR: Deep Space Climate Observatory
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Post by frankytop on Jun 9, 2015 16:46:35 GMT 1
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Post by frankytop on Jun 9, 2015 16:54:14 GMT 1
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Post by eglio on Jun 11, 2015 16:07:57 GMT 1
Bentornata Samantha!
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Post by eglio on Jun 12, 2015 1:58:12 GMT 1
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Post by eglio on Jun 12, 2015 21:57:36 GMT 1
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Post by frankytop on Jun 12, 2015 22:43:39 GMT 1
Mi piace il pupazzetto di twinkle twinkle little star.
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Post by eglio on Jun 13, 2015 22:06:59 GMT 1
simpatico il canale di questo ragazzo rumeno
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Post by frankytop on Jun 13, 2015 23:25:38 GMT 1
Non sai quanti thread ho aperto sul fol su argomenti di scienza presi dal suo sito: www.link2universe.net/Adrian Fartade
Sono nato il 2 Aprile 1987, a Bacau, Romania, e sono successivamente venuto a vivere in Italia nel 2002, all'età di 15 anni. Le mie grandi passioni sono da sempre conoscere e questo sito è specchio di questo. Nel tempo ho intrapreso un percorso di studi nel campo del pensiero umano e la storia delle idee e della scienza. Per questo mi sono laureato in filosofia e storia per poi proseguire gli studi in antropologia culturale. (Laureato presso l'Università di Siena) Il prossimo passo sarà una laurea in storia della scienza e ricerca sulle fonti storiche contemporanee, con l'obbiettivo di recuperare e valorizzare il vastro patrimonio rimasto dai primi decenni di storia dell'esplorazione spaziale. Insieme a tutto questo, ho consequito una carriera da attore teatrale professionista, per imparare a raccontare. In particolare mi sono appassionato al lavoro con i bambini e adolescenti. Le due cose vengono insieme nel progetto Link2Universe (ed il canale youtube Link4Universe), che mette insieme il sapere sulla storia delle idee, della scienza e dell'esplorazione spaziale, con le tecniche teatrali, per riuscire ad arrivare in maniera diversa e più empatica al pubblico, e divulgare non solo i dati ed il sapere, ma la meraviglia.www.link2universe.net/benvenuti/Un tipo in gamba.
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Post by frankytop on Jun 14, 2015 15:55:51 GMT 1
Philae c’è. E sta comunicandoIeri sera, sabato 13 giugno, alle 22:28 ora italiana, il robottino inviato nel novembre scorso sulla cometa 67P dalla sonda Rosetta ha ristabilito il contatto con la sonda madre. La prima comunicazione è durata appena 85 secondi, e ora gli scienziati sono in attesa del prossimo collegamento. Bignami: «Una grandissima soddisfazione per la scienza, per l'Europa e soprattutto per l'Italia»Alle 22:28 di ieri, sabato 13 giugno, il robottino Philae dell’ESA è uscito dal letargo in cui era entrato il 15 novembre scorso dopo circa 60 ore di funzionamento. E, per la prima volta dopo sette mesi di ripetuti quanto inutili tentativi di comunicazione, ha finalmente rotto il silenzio. Lo ha fatto con una “telefonata” di 85 secondi alla sonda madre, Rosetta. Un collegamento durante il quale Philae ha inviato a Rosetta, e quindi a Terra, oltre 300 pacchetti di dati, che il team internazionale della missione sta processando e analizzando in queste ore. «Una grandissima soddisfazione per la scienza, per l’Europa e soprattutto per l’Italia», dice Giovanni Bignami, Presidente dell’INAF, «che in Philae ha messo un grosso investimento di scienziati INAF, Universitari e industrie. Non avevamo dubbi che Philae sarebbe ripartito, soprattutto adesso che la temperatura della superficie della cometa è più calda di – 40 gradi, perché si sta avvicinando rapidamente al Sole». «Philae si sta comportando molto bene. La sua temperatura di funzionamento è al momento di 35 gradi sottozero e ha a disposizione 24 watt», spiega Stephan Ulamec, project manager del robottino presso la DLR. «Il lander è pronto per le operazioni». Ricostruendo dai pacchetti di house-keeping lo stato del robot, è saltato fuori che, in realtà, è già da qualche tempo che Philae s’è svegliato. Solo che non riusciva a comunicare con la sonda. I dati inviati durante il breve collegamento di ieri sera comprendono infatti informazioni raccolte nell’arco degli ultimi giorni cometari. E nella memoria di bordo del robottino ci sono ancora oltre 8000 pacchetti di dati. Pacchetti che gli scienziati contano di riuscire a scaricare nel corso del prossimo contatto, e che dovrebbero permettere di ricostruire cos’è accaduto di recente sulla cometa 67P. Aggiornamenti a breve, stay tuned. Philae c’è. E sta comunicando « MEDIA INAFIl commento di Roberto Battiston, presidente dell'Agenzia spaziale italiana yuppi!
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Post by eglio on Jun 15, 2015 0:29:58 GMT 1
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